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Forest bathing: 10 cose che ho imparato facendo bagni di foresta sul Pollino

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Forest bathing, ecco perché dovresti fare un bagno di foresta almeno una volta nella vita

Vivere a contatto con la natura, ormai è risaputo, allunga la vita. Sono tantissimi, infatti, gli studi che confermano l’enorme potere terapeutico di circondarsi del verde di alberi, prati e boschi. Nel nostro piccolo possiamo constatarlo ogni volta che, per rilassarci un po’ o staccare un attimo dalla routine, andiamo a fare una passeggiata in campagna, ma anche solo una camminata in un parco o in un sentiero alberato. In pochi minuti la mente si rischiara, i pensieri rallentano e anche i problemi sembrano meno soffocanti: torniamo a casa con un altro umore e una nuova prospettiva. (Leggi anche: Forest bathing, la terapia segreta degli alberi)

E se al posto di una semplice passeggiata facessimo, invece, un’esperienza più profonda, immergendoci letteralmente nella natura e “tuffandoci” in quello che viene definito un vero e proprio “bagno di foresta”, potete immaginare gli effetti che avrebbe?  Al pari di farmaci e psicofarmaci, stando ai risultati sorprendenti a cui sono giunte negli anni le numerose ricerche che si sono interrogate proprio su questo.

E non è un caso che in alcuni Paesi, a partire dal Giappone nella quale tale pratica di guarigione è nata, già negli anni ‘80, sono proprio i medici che prescrivono sedute di Shinrin-yoku ai propri pazienti. Solo più recentemente, tradotto con il nome di forest bathing,  questa eco-terapia è approdata in Nord America prima e in Europa poi, utilizzata con ottimi risultati, soprattutto nella cura di ansia, burnout o delle dipendenze da smartphone e social network.

Ma in cosa consiste esattamente il forest bathing e che vantaggi può apportare a corpo e mente? Ne abbiamo parlato diverse volte sulle nostre pagine, ma finalmente ho avuto la fortuna e il piacere di provarlo in prima persona grazie ai ragazzi di Ivy Tour conosciuti in occasione dell’ancestrale carnevale arboreo di Satriano che, in collaborazione con l’APT Basilicata, hanno organizzato un’indimenticabile esperienza di tre giorni sul Pollino, nel rifugio Fasanelli a 1350 metri sul livello del mare.

Un’esperienza che è risultata andare al di là di ogni più rosea aspettativa, perché se è vero che sulla carta ero preparatissima, avendo già scritto più volte sui bagni di foresta, praticarli si è rivelato molto più illuminante di quanto avessi immaginato. Non a caso, mi sono presa qualche giorno prima di scriverne per meglio razionalizzare e organizzare il turbine di emozioni e reazioni che, quasi senza volere, ha scatenato dentro di me.

ll forest bathing non è abbracciare gli alberi

alberi

@Simona Falasca/GreenMe

Nell’immaginario collettivo, parlare di forest bathing si traduce in “abbracciare gli alberi” o nell’ennesima pratica new age attualmente in voga, ma vi assicuro che in tre giorni non ho mai abbracciato un albero, o meglio avrei potuto farlo se ne avessi avuto voglia, ma non era assolutamente quello lo scopo o il fulcro. La connessione ancestrale con la natura viene risvegliata in tutt’altro modo, attraverso inviti (non esercizi) che ognuno è libero di seguire o meno.

Non c’è una meta dove arrivare o un traguardo da raggiungere

@Simona Falasca/GreenMe

Il forest bathing a differenza del trekking o delle escursioni nei boschi, ribalta completamente la concezione tipicamente occidentale di dover fare qualcosa per un determinato fine. Qui non c’è una meta da raggiungere, ma solo un percorso da intraprendere, possibilmente spogliandosi dei tradizionali pregiudizi o sovrastrutture e godendo semplicemente delle varie tappe e dei singoli attimi

I pilastri dello Shinrin-yoku: le 5 S

forest bathing 2

Shinrin in giapponese significa “foresta” e “yoku” significa “bagno” che ben rende l’idea di assorbire l’esperienza usando tutti i sensi, immergendosi completamente per riscoprire quella connessione ancestrale con la natura e gli alberi andata ormai perduta. La pratica del forest bathing si regge sui 5 pilastri che è possibile riassumere in 5 “S” :

  1. Silenzio: Non siamo abituati al silenzio, ma il silenzio è fondamentale per riuscire a trovare una reale connessione con ciò che ci circonda e per concentrarci sui suoni del bosco: gli uccelli, il vento tra le foglie, il rumore del ruscello diventano una dolce musica che riesce a zittire anche il turbine di pensieri che si susseguono nelle nostre menti.
  2. Slowing Down, rallentare: Solo rallentando si riesce a cogliere i dettagli e le sfumature che la quotidianità ci porta a dare per scontato. Solo rallentando ci si riesce a guardare veramente intorno e ad accorgersi della meraviglia delle piccole cose e la presenza di infiniti microcosmi che avevamo dimenticato.
  3. Sensi: olfatto, tatto, udito, vista e gusto immersi nella foresta sembrano risvegliarsi: tutti i sensi si amplificano e sintonizzano su frequenze quasi dimenticate.
  4. Sharing dopo ogni esperienza ci si riunisce in cerchio per condividere con il resto del gruppo le sensazioni provate. Riuscire a verbalizzarle ed esporle agli altri le rende più vivide e durature
  5. Sicurezza sta a indicare sia la condizione indispensabile che va creata per praticarlo, senza mettere in pericolo chi partecipa, sia la sensazione che si prova una volta tuffati nel “bagno” tra gli alberi.

I bagni di foresta riescono a riportarti nel “qui e ora”

centro

@Simona Falasca/GreenMe

Il forest bathing è riuscito davvero a risvegliare, in quei momenti, la consapevolezza del “qui e ora”, rivelandosi una vera e propria pratica i cui effetti sono paragonabili a quelli della meditazione mindfulness.  Non a caso, lo Shinrin-yoku è definito da alcuni “mindfulness in natura”ed effettivamente con essa condivide diversi punti, ma se ne distacca nel modo in cui l’attenzione viene posta e focalizzata sui processi spontanei che avvengono grazie alla connessione con la natura.

Proprio per questo è risultato particolarmente indicato per promuovere il benessere psicologico compromesso dai tempi incerti come quelli che stiamo vivendo, come ha voluto dimostrare anche un recentissimo studio condotto sugli operatori sanitari e gli studenti universitari subito dopo la fine della prima ondata di covid19.

I bagni di foresta fanno davvero precipitare lo stress dopo appena 40 minuti di pratica

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@SimonaFalasca/Greenme

Nonostante si tratti di una terapia volta anche al digital detox, un po’ per curiosità, un po’ per testare alla “San Tommaso” e un po’ perché, probabilmente, un pochino dipendente lo sono davvero, ho deciso di avviare durante una delle esperienze fatte nei 3 giorni, il mio smartwatch impostando l’attività “yoga” e rimanendo di stucco quando alla fine dei 40 minuti ho visto lo stress precipitare di ben 52 punti passando da 77 (la sera priama non avevo riposato benissimo) a 25!! Cosa mai successa neanche nelle mie sessioni di respirazione o hatha yoga.

Aiutano a risvegliare il legame ancestrale con la natura e lo stupore tipico dei bambini

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@SimonaFalasca/Greenme

La connessione con la natura è innata nei bambini, come pure la capacità di stupirsi, ma purtroppo entrambe si assopiscono crescendo. In questa esperienza ho capito che noi adulti non le cancelliamo, tendiamo soltanto a seppellirle sotto uno strato di “cenere” chiamato quotidianità, a metterle da parte, ma sono entrambe lì e questa esperienza riesce davvero a tirarle fuori. Anche solo per riuscire a vedere un piccolo elefante nella sagoma di un albero, meravigliarsi della morbidezza delle foglie, lasciarsi incantare dal suono di un ruscello o dai raggi del sole che filtrano tra gli alberi.

L’importanza della guida

@Simona Falasca/GreenMe

In questa esperienza, come probabilmente in tutte quelle mirate all’aumento della consapevolezza interiore, un ruolo fondamentale lo assume la guida. Quella che abbiamo avuto il piacere (e l’onore) di avere, Ann Tilman – pioniera tra le guide cerfiticate dal Forest Therapy Hub e dall’ANFT –  è stata davvero eccezionale: attenta, esaustiva, mai invadente,  è riuscita a coinvolgere ciascun partecipante, capendone e rispettandone le singole fragilità (interiori e non). Ma, soprattutto, è riuscita alternando diverse attività dallo yoga al qi qong, alla semplice meditazione camminata, a stimolarci nel modo giusto per riuscire a lasciarci andare ed accogliere pienamente l’esperienza

L’importanza del gruppo nonostante sia l’esperienza più personale e unica che si possa fare

@Simona Falasca/GreenMe

I bagni di foresta diventano un’esperienza unica per ciascun partecipante, la condivisione però che avviene al termine di ciascuna singola esperienza nella riesce a creare un legame e un’empatia difficilmente comprensibili con perfetti sconosciuti che sono lì con te. Al termini dei tre giorni provavo un’immensa gratitudine nei confronti dei miei compagni di viaggio che fino a 72 ore prima non avevo mai visto in vita mia.

L’importanza del luogo

ruscello

@Simona Falasca/GreenMe

Come in qualsiasi esperienza che si rispetti anche la “scenografia” ha la sua importanza e ho avuto modo di constatarlo cambiando il luogo dove ci siamo “immersi” nei due differenti giorni. Entrambe le location era spettacolari e suggestive, ma completamente differenti l’una dall’altra. E hanno provocato, complici i differenti inviti che ci sono stati chiesti, emozioni e riflessioni completamente diverse. Ma in entrambi i casi, hanno contribuito a sedimentare la profonda convinzione di aver riscoperto gli elementi naturali a te più cari, di aver evocato e risvegliato il TUO luogo, quello in cui, ora lo sai, bisogna far ritorno più spesso.

Hai la perenne sensazione di trovarti nel posto giusto al momento giusto e che niente accade per caso

soffione

C’è una cosa che ha accumunato tutti i tre giorni di questa esperienza ed è stata proprio la sensazione perenne di trovarsi nel posto giusto al momento giusto e che la foresta ti fornisse continuamente le esatte risposte alle domande e ai pensieri di cui avevi bisogno o risvegliasse ricordi e sensazioni sepolte che dovevano uscire proprio in quel momento (anche se non sempre positive), come se nulla accadesse per caso. Ed è stato così fino alla fine. Anche fino a quando, terminato l’ultimo bagno di foresta, ci siamo incamminati verso il rifugio e ho riacceso lo smartphone per fare qualche foto. Tornata con gli occhi sullo schermo, non mi sono accorta di una profonda buca nel terreno e sono caduta (anzi precipitata) con la gamba nella voragine. Per fortuna nulla di grave, giusto un po’ di escoriazioni sul ginocchio che mi fungeranno da monito per non tornare subito a farmi risucchiare dalla quotidianità e dalla tecnologia.

Se volete provare anche voi quest’esperienza unica per disintossicarvi dalla sovraesposizione alle tecnologie o semplicemente staccare dalla quotidianeità, potete dare un’occhiata ai prossimi ritiri di forest bathing organizzati da  questa piccola agenzia lucana, non solo sul Pollino: si tratta di esperienze immersive che vanno dai 3 ai 6 giorni in strutture immerse nella natura, che potete consultare qui

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